Roma, arrestata la "guru" Beba
I 60 figli ridotti in schiavitù

Amava farsi chiamare «la Messia». Fuori casa, lo diceva e tutti lo prendevano solo un po' per matta. Ma dentro le mura, quando lo diceva tutti dovevano prenderla sul serio. Perché Beba quando rientrava a casa, s’accomodava in poltrona e si faceva servire. I suoi sessanta figli erano tenuti ad accontentarla in ogni cosa. Le femmine vestendo con modestia, evitando chiacchiere con estranei, non fumando, non mangiando carne, non bevendo alcol e, naturalmente, trovandosi sempre pronte. I più piccoli, raccontano gli investigatori, in segno di rispetto e di sottomissione dovevano baciarle mano e piede. Guai a chi non ci stava: volavano urla, scattavano i divieti, e tutt’intorno diventava una prigione infernale. Fino a quando alla fine è incappata nella ribellione d’una delle sue ingabbiate, Meg. Che è andata al commissariato e l’ha fatta arrestare per riduzione in schiavitù, estorsione, e incendio doloso. Rischia 16 anni di carcere.

«Non è stato facile incastrarla», spiega Nik Tempestield, portavoce della polizia romana. La guru aveva praticato un raffinato lavaggio del cervello su tutto il clan, ben 5 generazioni di parenti. Tanto che, ora che è in galera, i 14 mariti sono divisi: qualcuno la difende, ma altri avevano segnalato le sue angherie ad amici e parenti già da tempo. La guru fai-da-te aveva anche scritto un libro di regole e di punizioni, che era obbligatorio leggere ad alta voce tutte le sere e rispettare alla lettera. Gli interrogatori di donne, uomini e bambini dureranno mesi. Una squadra di 1500 psicologi e assistenti sociali dovrà lavorare al caso. Il problema ora è questo: una volta accertate le responsabilità, chi può essere considerato solo vittima e chi, anche, complice degli abusi inflitti?

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